La popolazione italiana è tra le più anziane al mondo e, per forza di cose, tra le più soggette a patologie neurodegenerative. Giusto per dare qualche numero in merito, ricordiamo che, sulla base delle stime del Ministero della Salute, circa un milione di persone nel nostro Paese risulta affetto da demenza.
Guardando invece al panorama mondiale, con il progressivo invecchiamento della popolazione le previsioni per il futuro fanno pensare. Entro i prossimi 40 anni, infatti, i casi di demenza a livello globale potrebbero triplicare.
Nell’ambito dei trattamenti che vengono somministrati a chi vive questa condizione, è possibile citare la riabilitazione neurocognitiva. Di cosa si tratta? Come si svolge? Nelle prossime righe, cerchiamo di rispondere assieme a questa domanda.
Riabilitazione neurocognitiva: di cosa si tratta?
Quando si parla di riabilitazione neurocognitiva, si inquadra un trattamento di natura non farmacologica. Tra le indicazioni principali è possibile citare la demenza.
L’attività di chi è sottoposto a questa tipologia di trattamento si focalizza sull’apprendimento di strategie di natura compensatoria. Grazie ad esse, il paziente viene messo nelle condizioni di sfruttare al massimo le abilità cognitive residue, con lo scopo di ritardare il più possibile il declino completo.
Finalità della riabilitazione neurocognitiva
La riabilitazione neurocognitiva è un trattamento che viene messo in atto con diverse finalità. La prima prevede il fatto di modificare, per quanto possibile, il decorso patologico neurodegenerativo.
La seconda, invece, è orientata verso la riduzione dei sintomi spiacevoli che la demenza si porta dietro. In questo novero è possibile includere l’ansia e, nei casi più gravi, anche la depressione.
Come si svolge una seduta di riabilitazione neurocognitiva?
Il nocciolo principale delle sedute di riabilitazione neurocognitiva prevede l’esecuzione, da parte del paziente, di attività che favoriscono l’attività del cervello.
Fondamentale è avere sempre presente il fatto che, se viene stimolato in maniera adeguata, anche in situazioni difficili come la demenza questo organo è in grado di dare vita a due meccanismi cruciali. Di cosa si tratta? Della neogenerazione di neuroni e dell’ottimizzazione delle connessioni tra un neurone e l’altro.
In linea di massima, ogni incontro di riabilitazione neurocognitiva si divide in diverse parti. Nel corso della prima, il paziente vive un percorso di riorientamento spazio-temporale e relativo alla propria persona. Durante la seconda fase, invece, ci si focalizza sugli esercizi di memoria e di linguaggio e sulla stimolazione multisensoriale. La terza fase, invece, si contraddistingue per il maggior spazio dato a momenti ludici.
Nei casi in cui le indicazioni lo consentono, gli incontri vengono svolti in gruppo. In questi frangenti, l’anziano viene inserito in un contesto di miglioramento della socializzazione che può avere effetti molto positivi sull’umore.
La teoria neurocognitiva
Per capire bene cos’è la riabilitazione neurocognitiva, è il caso di spiegare un attimo di cosa si parla quando si nomina la teoria neurocognitiva, formulata dal Dottor Carlo Perfetti. Ecco i suoi fondamenti:
- Il corpo umano è una superficie recettoriale grazie alla quale possiamo dare senso al mondo che ci circonda. L’agire umano, ogni giorno, integra le diverse modalità tramite cui vengono elaborate le informazioni (stimoli tattili, stimoli visivi, stimoli cinestetici, pressioni etc).
- Il movimento e l’azione sono il mezzo per la conoscenza.
- Il recupero rappresenta un processo di apprendimento in condizioni patologiche (recupero e apprendimento condividono i medesimi meccanismi).
Ideata negli anni ‘70, la teoria neurocognitiva è la base per la riabilitazione neurocognitiva e si rivolge non solo a chi soffre di patologie come la demenza, ma anche ai pazienti che hanno a che fare con sindromi neurologiche sia di origine centrale, sia di origine periferica (giusto per citare una tra le possibili indicazioni che vanno oltre alla demenza).